Pirati dei Caraibi 3: Ai Confini del Mondo

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stefyga96
view post Posted on 31/12/2008, 14:37




Appartiene a tempi recenti il desiderio di Disney di proporsi come uno dei pilastri portanti dell’industria videoludica. Ben più degli anni passati la software house sta cercando di sfondare definitivamente nel panorama dei videogiochi, sfornando, per il momento, titoli di basso valore qualitativo. Impossibile ritrovare in Spectrobes o nel prossimo Turok la stessa cura impiegata nella realizzazione dei platform basati sui propri fantastici mondi cinematografici su SNES e Megadrive.
La rinnovata strategia videoludica Disney si divide in tre strade sostanziali: una prima riguarda la realizzazione di inedite Proprietà Intellettuali, come ad esempio Spectrobes; in seguito vi è la sovvenzione o distribuzione occidentale di titoli quali Turok oppure i vari giochi della Q Entertainment, il team giapponese con a capo Tetsuya Mizuguchi. Infine vi è la via più palese: la realizzazione di videogame basati su film e serie TV prodotte dalla Buena Vista e Walt Disney Company. A quest’ultimo e redditizio filone appartiene il qui presente Pirati dei Caraibi Ai confini del mondo.


Gran filibustieri...Yo-ho, beviamoci su!

Il titolo è stato curato da Eurocom, che è riuscita a realizzare un discreto titolo, vario e divertente, spendendo in particolare notevoli energie e sforzi sull’aspetto grafico delle versioni Playstation 3 e Xbox 360. La sola versione DS non è stata affidata al team inglese, ma bensì ad Amaze, già autori del precedente episodio per DS, che hanno confezionato un titolo con pregi, ma anche difetti. Il titolo si presenta come un mix di azione platform, puzzle solving e combattimento, caratteristiche che fanno di Pirati dei Caraibi Ai confini del mondo un titolo appartenente all’affollatissimo filone degli action adventure. Nel corso dei livelli queste fasi vengono spesso e volentieri affiancate o sovrapposte, ma questo non impedisce di discernerle tra loro e analizzarle singolarmente.
Il pratico tutorial ambientato sull’Isla Cruces ci illustra la versalità del sistema di gioco aprendoci la strada verso una serie di peripezie “piattaformistiche” davvero ben fatte; in questo caso si salta tramite la pressione di un tasto, in coordinazione con il level design. I primi livelli di gioco propongono un semplice scrolling orizzontale a telecamera fissa, intenta ad inquadrare l’azione di gioco da un lato, fiancheggiando il personaggio controllato dal giocatore. Le cose si complicano all’introduzione di una terza dimensione, richiedendo salti in profondità: gli sviluppatori hanno tentato di assecondare queste scelte, aggiustando le inquadrature, ma sovente in queste occasioni la telecamera risulta scomoda nel calibrare il salto. A proposito della telecamera, dobbiamo denunciare anche una certa ristrettezza del campo visivo, che in più occasioni dà qualche grattacapo al giocatore, intento nel operare le scelte al fine di raggiungere indenne il prossimo checkpoint. La struttura dei livelli è costellata da bandiere piratesche che segnalano i luoghi di salvataggio della partita; è infatti presente nel gioco una utilissima funzione di salvataggio automatico, con la possibilità di riprendere la partita direttamente all’interno dei livelli. I checkpoint sono, però, mal calibrati come numero: o troppi o troppo pochi, rendendo di conseguenza alcuni livelli estremamente elementari, altri tremendamente frustranti.
La parte di gioco deputata agli enigmi e all’ingegno dei giocatori ruota attorno all’utilizzo di alcuni oggetti, cinque per la precisione: c’è una (in)utilissima bussola, un giunco, una torcia, un rampino e una coppia di uncini. Ogni oggetto ha una ed una sola specifica funzione, alcuni sono utili per superare baratri o voragini, altri, come la torcia, sono più dei mezzi passivi, in grado di impregnarsi di calore da una sorgente posta in un luogo A e raggiungere un luogo B ove bruciare alcune sterpaglie per poter proseguire. Il level design segue ottimamente le precise regole dettate dall’utilizzo di questi oggetti, nonostante le occasioni per spremere le meningi a dovere sono assai poche; solo problemi di matrice tecnica impediscono di risolvere prontamente degli enigmi di una facilità disarmante, in cui viene banalmente chiesto di utilizzare lo strumento giusto al momento giusto. Questi cinque attrezzi possono essere richiamati in qualsiasi momento tramite la pressione delle apposite icone presenti sul Touch Screen. Lo schermo tattile risulta utile anche in altre particolari situazioni, ne è un esempio i combattimenti con i boss, dei quali tratteremo più avanti. I nemici sconfitti in alcune occasioni lasceranno cadere degli ingranaggi, che voi dovrete inserire nelle porte per poterle aprire; ogni porta ha due “buchi” ove infilare il congegno, ma solo uno dei due aprirà la porta. Quale sarà? Domanda retorica, dato che si potrà provare all’infinito la combinazione, annullando qualsiasi sensazione di sfida. Stessa banalità circonda l’apertura dei forzieri…
Tra un salto e un enigma dovrete affrontare una serie di combattimenti contro nemici di ogni sorta: samurai, scheletri, fantasmi, soldati britannici e villici corsari. In qualsiasi momento potrete brandire la spada (o le spade…) tramite il tasto Y, che se premuto in successione darà il via a una serie di attacchi. Ovviamente è il computer a decidere in merito a quest’ultima opzione, rendendo l’opzione di attacco piatta e banale; volendo è possibile performare una spadata in salto (B e poi Y), ma è solo un contentino e un bieco camuffamento del mediocre sistema di attacco. Il tutto non finisce qui, dato che nella maggior parte dei casi non vi troverete ad affrontare un singolo avversario, ma due fino a un massimo di quattro. Tutto ciò sarebbe stimolante qualora esistesse un adeguato metodo tattico offensivo, ma anche in questo caso gli sviluppatori non ci hanno pensato e quindi il giocatore deve cercare di inventare un metodo artigianale per avere la meglio sui felloni, ma la sensazione di incompiutezza che traspare da questo aspetto è difficile da eliminare. Se la vostra spada non vi aggrada è possibile selezionare alcuni “gadget” dall’elevato sapore distruttivo, come bombe, fruste e pugnali avvelenati. Questi oggetti possono essere raccolti dal terreno, ma il loro uso è moderato da una barra del buonsenso (!) che si consuma via via che utilizzate l’arma non costituzionale. Il difetto maggiore che circonda questi gingilli è la troppa efficacia e la smodata potenza distruttiva: con una o due frustate è possibile uccidere un nemico, con una bomba lo si stordisce avendo poi tutto il tempo per mandarlo all’altro mondo e con un pugnale si infilza il nemico per poi scodinzolare allegramente nell’attesa che faccia una brutta fine. Un altro punto a sfavore della profondità del sistema di combattimento! A sostenere tutto ciò ci pensa una (in)adeguata fase difensiva, appoggiata al pulsante L; tenendolo premuto qualsiasi attacco frontale andrà a cozzare direttamente contro la vostra spada. In pratico, parando il colpo dell’avversario, per poi attaccarlo al momento opportuno è l’unica (l’unica!!) tattica per avere la meglio nei combattimenti. Se, però, non siete portati per uno scontro ad armi pari, non vi rimane che affrontare il gioco in modalità stealth, uccidendo gli avversari tramite un sofisticato attacco da dietro le spalle mediante il tasto X. Si respira, però, un senso di incompiutezza in questo, dato che la cosa è stata implementata malamente all’interno dei livelli e in più delle occasioni non riuscirete a portare a termine questa manovra furtiva. Demeriti su demeriti si arriva alla conclusione che qualcosa non và all’interno dei combattimenti, se a tutto questo aggiungiamo poi una ripetizione spasmodica, nauseante in alcuni punti, degli stessi nemici, converrete che questa parte è da dimenticare. Se solo non fosse stata quella più ricorrente e importante…
In alcune occasioni l’azione di gioco si sposterà dai lunghi e noiosi livelli ad arene virtuali in cui affrontare avversari singoli. E’ in queste occasioni che si dipana la trama del gioco, che segue a grandi linee quella del film, con interessanti dialoghi infarciti di battute prese in prestito dalla pellicola. La sezione di combattimento con questi avversari è alquanto peculiare e merita di essere analizzata nei dettagli: pennino alla mano e pollicione ancorato sulla croce direzionale (o i tasti A, B, Y e X nel caso voi foste mancini), dovrete parare con quest’ultima gli attacchi nemici e al momento opportuno contrattaccare tracciando sul touch screen alcuni semplici segni grafici. In questo modo il vostro avversario perderà vita fino ad esaurire totalmente la barra vitale; mediante un sistema che richiama alla mente i sigilli di Castlevania Dawn of Sorrow disarcionate il fellone, sancendo la vittoria vostra e della vostra ciurma. In questi scontri manca un po’ la varietà, ma l’idea di fondo è apprezzabile e realizzata ottimamente. Interessante l’idea di poter sbloccare arene, personaggi e armi grazie a questi scontri e poi riutilizzare il tutto nella modalità multiplayer.
Quest’ultima offre due opzioni: la prima, affrontabile anche solo con una scheda gioco, permette di organizzare una partita a dadi bugiardi, un gioco d’azzardo un po’ scialbo, con regole un tantino complicate, per il fatto che sia il gioco che il manuale sono sibillini sul regolamento di questo minigioco. Con due schede gioco, una per giocatore ovviamente, potrete combattere all’interno delle arene sbloccate nel gioco in singolo tramite l’intrigante sistema a base di croce direzionale e touch screen: poter ovviare ai limitati algoritmi della CPU con un avversario umano è cosa degna di nota, donando all’idea degli sviluppatori tutto il rispetto che merita.


Siam pecore nere, gente spietata

Il gioco sarà anche improntato verso una bidimensionalità concettuale, ma il motore grafico è completamente in tre dimensioni. A conti fatti su DS raramente si è visto una tale magnificenza poligonale, merito anche delle azzeccatissime scelte cromate. Tutto il gioco si muove con una fluidità impeccabile che esalta a dismisura le animazioni di personaggi, convincenti nella loro naturalezza. Di grande impatto anche lo sfondo realizzato (inaspettatamente) con diversi elementi tridimensionali, che donano al gioco un aspetto scenografico di ottima fattura. I personaggi sono un po’ poveri di poligoni, ma tutto questo è mascherato dalle ridotte dimensioni dello schermo e la cosa non disturba più di tanto. Di carattere tecnico abbiamo evidenziato alcuni problemi di compenetrazione tra i poligoni, anche se non è nulla di così preoccupante.
Le musiche sono apprezzabili, ma non eccezionali e difficilmente riescono ad entrare in memoria; eccetto ovviamente il main theme della serie, scandito nelle fasi a bordo della Perla Nera.
Di basso profilo il doppiaggio, che si limita a ripetere meccanicamente due frasi in croce per ogni personaggio e gli effetti sonori che risultano davvero di infimo spessore e qualità.


Yo-ho, yo-ho, la spada è qui con me!

Siamo alla resa dei conti tra il Capitan Jack Sparrow e la minaccia Dave Jones, Perla Nera contro Olandese Volante; ma diversi ragazzi non potranno impersonare il loro effeminato beniamino. Già, perché la classificazione PEGI bolla il gioco come 12+, per via di un incitamento al gioco d’azzardo (il minigioco dadi bugiardi) e per una massiccia dose di violenza (dove?) e ciò impedisce di poter giocare a questo titolo al potenziale pubblico di bambini sotto i dieci anni.
Analizzando, invece, il titolo come un potenziale software per videogiocatori più navigati si rimane un po’ perplessi circa le reali qualità del titolo. Se il comparto grafico merita ben più di una semplice sufficienza, il gameplay risulta ammaccato e infiacchito da una serie di difetti, buona parte localizzati attorno al sistema di combattimento. Occorre considerare la cura riposta dagli sviluppatori nell’adattare il concept del gioco alla console Nintendo, sfruttando in modo egregio la connessione wireless e il touch screen.
Purtroppo, però, Pirati dei Caraibi Ai confini del mondo su Nintendo DS non riesce a farsi apprezzare come la controparte casalinga e puntando tutto su una componente tecnologica, dimentica di aggiungere varietà e bilanciamento tra level design e gameplay. Ciò riduce di netto la profondità del gioco e fa salire la noia, con conseguente abbandono del titolo dopo aver portato a termine lo story mode, di breve durata e poco appagante; nonostante ci siano dei buoni presupposti per una rigiocabilità incentrata sul ritrovamento di altri frammenti della mappa.
 
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