Castlevania Portrait of Ruin

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stefyga96
view post Posted on 31/12/2008, 20:23




La serie di Castlevania è una di quelle che non muoiono mai, il che vale anche per il personaggio simbolo della saga, quel Dracula tanto odiato che puntualmente fa la sua brava apparizione ad ogni nuovo capitolo. Nel secondo irrinunciabile appuntamento sui due bianchi schermi del Nintendo Ds , la storia è ambientata sul finire della seconda guerra mondiale, nel 1944 precisamente. La vicenda è intricata, c’è un maniero di mezzo, usurpato da un losco personaggio, Brauner, ma soprattutto ci siamo noi, stavolta nei panni del giovane e aitante Jonathan Morris. Biondo, scanzonato, irrequieto e impulsivo, il ragazzo fortunatamente non è solo, ma è accompagnato da una giovane pulzella, una sacerdotessa di blu vestita che risponde al nome di Charlotte. Portrait of Ruin presenta quindi un gameplay rinnovato, quantomeno diverso dal precedente capitolo per Ds, Dawn of Sorrow. E le motivazioni sono molteplici.


Innovazione o involuzione?

Questo è l’amletico dilemma, visto e considerato l’abbandono dell’uso del pennino, utilizzato solo marginalmente in DoS. Il sistema di gioco ritorna quindi alle origini, e in definitiva non è un dramma, basti osservare quanto sono riusciti bene titoli come l’indimenticabile e intimenticato ( vista la sua recente comparsa su Xbox LiveArcade) Symphony of the Night. Ed è proprio del glorioso titolo per la prima Playstation che Portrait of Ruin si fa erede, dal punto di vista qualitativo in primis.
Ciò che non rende l’ultima fatica di Konami un vero e proprio erede spirituale del capolavoro targato 1998 è invece una certa mancanza di solennità. Sia chiaro, la trama è fantastica, intricata, ricca di colpi di scena, ma l’atmosfera che si respira è meno pesante, il che non è necessariamente un difetto, anzi. A contribuire a questo probabilmente la caratterizzazione in stile manga dei personaggi, comunque perfettamente in linea con le loro personalità a tratti adolescenziali espresse nelle svariate sequenze di intermezzo. Anche per quanto concerne il level design la situazione è controversa. Se da una parte non sfruttare il touch screen priva il gioco di molte idee buone, dall’altra ci troviamo dinanzi ad un livello di genialità da parte degli sviluppatori sempre e in ogni caso fuori parametro, dunque appare difficile criticare la struttura di questo Castlevania. Per chi non lo sapesse, il gioco da sempre si ambienta in un enorme castello, tutto da esplorare e pieno di segreti e segrete da scovare. Si può scegliere di percorrere questa lunga e appagante via, ma anche di tirare dritto e venire subito al dunque. Ora la seconda strada, sicuramente la meno onorevole, è sia sconsigliabile che difficile da intraprendere, paradossalmente. Sconsigliabile perché non solo esistono vari finali, e quello migliore si sblocca grazie al buon operato del giocatore, ma anche perché l’esplorazione non è fine a sé stessa bensì premia i più tenaci con armi o spells nuove, punendo i furbetti del quartierino che tirano dritto con sonore legnate da parte dei boss, visto che l’arsenale del giocatore pigro non sarà vasto come quello dell’hardcore. Difficile da intraprendere invece perché il level design è così azzeccato che i furbetti del quartierino di fatto non ci possono essere. Non solo la mappa si mostra poco per volta, ma c’è da dire che i livelli si espandono in lungo e in largo, in alto e in basso. Sì, anche in diagonale. Per fare un esempio che vale più di mille spiegazioni, il primo quadro abitua il giocatore a passare di edificio in edificio per arrivare al boss. Ingenuamente, nel secondo si pensa succeda la stessa cosa, invece ci si ritrova con stupore solo a trovare una nuova arma, col risultato che bisogna tornare indietro (pochi passi). Ecco quindi che anche il giocatore pigro che pensava di saltare a piè pari parte di livello può vantarsi col senno di poi di essere andato in cerca di bonus, ritrovandosi dunque una percentuale di completamento superiore alle attese. Sebbene quindi non ci troviamo dinanzi a livelli articolati come in Simphony of the Night la struttura di questi è sempre encomiabile. Stiamo parlando di un Castlevania 2D d’altronde.
Punto a favore dell’ipotesi innovazione poi è sicuramente la sopraccitata possibilità di usare due personaggi, che prevedibilmente si compensano dal punto di vista delle abilità. Laddove Charlotte può attingere ai suoi libri incantati, Jonathan fa largo uso della pletora di armi a sua disposizione.
Inizialmente è dotato della mitica – fino a un certo punto, vista la sua inefficacia – Vampire Killer, leggendaria frusta che tra l’altro prende il nome dalla versione MSX del primo capitolo della serie uscito più di 20 anni fa, nel 1986. In realtà ben altri sono gli strumenti di distruzione disponibili per il ragazzo, e l’arsenale è talmente vasto che farà la felicità di tutti quei giocatori che amano le collezioni; e chi non le ama del resto. Sarebbe quindi un delitto non citare la possibilità di combattere con spade, spadoni, lance, sciabole, asce, tirapugni e via discorrendo. Il corpo a corpo di Charlotte è invece affidato a libri di magie ( non consumano MP), ma il suo aspetto più importante sono gli incantesimi in sé, e anche in questo caso la sfilza è lunghissima e affascinante. Massi che cascano, ondate di energie, fiammate roventi, ce n’è per tutti i gusti. L’attacco secondario di Jonathan invece consiste principalmente in armi da lancio, come asce o coltelli affilati.
I due protagonisti possono coesistere a schermo, con la cpu che svolge un lavoro davvero egregio, ma si può anche decidere di giocare solo con l’uno o con l’altro. Addirittura, si può impartire ad uno dei due di stazionare in punto, pratica spesso utile per risolvere i vari enigmi presenti che risultano davvero ben congegnati e sfruttano molto bene la presenza di un nuovo personaggio.
Innovazione o involuzione quindi per questo action 2D con elementi RPG? Ancora presto per dirlo.


Quando i videogiochi sono arte

Il primo tipo di arte che viene in mente non è il cinema, non è la danza, non è la paranza.
Parliamoci chiaro, è la pittura. E il lettore più smaliziato avrà capito che parlando di portrait, quadri e dipinti, ci deve essere sotto qualcosa. E difatti il level design si arricchisce di un nuovo elemento, i quadri, che teletrasportano in mondi assolutamente diversi dal maniero di partenza nonché tra di loro. Abbiamo una città in stile vittoriano, un deserto, la terra dei folli, e molto altro ancora. La varietà è una panacea contro la ripetitività, Konami deve saperlo bene.
Ecco dunque che il castello non assurge più al ruolo di unica location da esplorare, piuttosto quello di enorme campo base dal quale cercare sempre nuovi e interessanti mondi alternativi.
La palette cromatica, già accesa di per sé ( nonostante sappia anche essere cupa), varia in questo modo ancora di più, mandando in gioia e giubilo gli occhi. Visivamente, portrait of ruin mostra un 2D assolutamente straordinario, il migliore mai ammirato su Nintendo Ds, con elementi 3D che arricchiscono e danno profondità allo scenario. In particolare sono state migliorate le animazioni, che risultano incredibilmente curate. Doppi salti, possibilità di balzare appoggiandosi al compagno di viaggio, backdash, ovvero scatto all’indietro. Ciò che colpisce poi è vedere la frusta di Jonathan non solo colpire orizzontalmente, ma anche poter essere roteata e oscillare. Tale animazione è stata resa in maniera ottimale rispetto ai capitoli precedenti. Insomma in una parola, meraviglioso. Sia lui che Charlotte inoltre, sono caratterizzati in maniera superba, così come i nemici, sempre vari ma soprattutto dettagliati all’inverosimile. Esistono anche dei personaggi comprimari; oltre ad un frate mercante, che ricorda vagamente quello di resident evil 4 per l’accoglienza, da citare Wind, tenebroso fantasma che sarà il datore di lavoro di alcune quest secondarie, altra novità introdotta da questo secondo episodio per DS. Ma ciò che colpisce di più, oltre alle animazioni e alle scelte cromatiche, brillanti e varie in tonalità, sono gli effetti. Spesso è un piacere usare Charlotte solo per vedere cosa riesce a sprigionare il suo nuovo tomo magico, quale fiamma riesca a scatenare, quale energia riesca a liberare.
Il numero di boss e la cura riposta in loro poi sono semplicemente encomiabili. Molto spesso creature gigantesche, richiedono talvolta un attacco combinato di Charlotte e Jonathan per essere abbattuti, talvolta invece tenere in campo entrambi può risultare controproducente, basti pensare (e qui non leggete se non volete rovinarvi la sorpresa) a quanto il biondino sia facilmente ammaliabile dalla bellezza di una dama da farsi comandare da lei, un po’ come le sirene di Ulisse, e attaccare la sua stessa compagna.
Parlando di arte, la seconda che viene in mente è la musica, che in Castlevania da sempre ricopre un ruolo tutt’ altro che marginale. La colonna sonorà è a dir poco sublime e si adatta perfettamente al tipo di location. Motivi classici, a volte pomposi, a volte solenni, a volte cadenzati, quasi sempre riusciti e impagabili, danno il ritmo ad un’avventura già di per sé maestosa e che potrebbe essere apprezzata per quanto meravigliosa anche senza musica di sottofondo, proprio come sa fare un bravo cantante.


Shopping che passione

La modalità online di Portrait of Ruin non presenta sfide multigiocatore, ma alcune chicche interessanti che faranno la felicità di molti nell’indifferenza di pochi altri. Una minoranza evidentemente alla quale una modalità cooperativa via online non interessa, o che probabilmente riesce ad abbattere nemici come fossero birilli senza alcun bisogno di comprare online, pagando coi soldi ottenuti nel gioco armi magari più forti messe in vendita da chi è arrivato più lontano nell’avventura. Il bello è che vendere l’arma non significa affatto privarsene, in quanto resta comunque nelle mani del venditore anche una volta venduta. Copia e incolla, non taglia e incolla. Meglio così. Occorre sottolineare che il titolo presenta una difficoltà e una longevità nella media e in definitiva si ricorre all’acquisto di nuovi strumenti di morte o per sfizio o in rari casi di necessità, in poche parole picchi di difficoltà che il titolo saltuariamente presenta. La frustrazione è in ogni caso scongiurata grazie ad un’oculata disposizione delle stanze di salvataggio e alle molteplici statue di teletrasporto interconnesse tra di loro che possono far viaggiare il giocatore da un capo all’altro del maniero o di un quadro. Dagli stessi quadri oltretutto si può entrare e uscire a piacimento.
Shopping che passione quindi, è il caso di dirlo, perché mai per ds come in questo caso dei soldi saranno stati spesi meglio. Un’avventura straordinaria, profonda, coinvolgente, impegnativa ma mai frustrante, favolosa in ogni suo frangente. Non sarà un episodio rivoluzionario, sicuramente è mancato del coraggio, però stiamo parlando di una perla rara che riesce a innovare pur ancorandosi ad una bellissima tradizione. Imperdibile.
 
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